Docufilm Vittime

“VITTIME”: rassegna stampa

da Il Giornale venerdì 11 dicembre 2009, 07:00

Arriva «Vittime» (ma non nei cinema) Il terrorismo visto dalla parte giusta

di Pedro Armocida

Roma. Vittime, il documentario di Giovanna Gagliardo presentato ieri nella sede della Direzione generale per il cinema del ministero dei Beni Culturali, riduce un vuoto, comunque incolmabile, dal punto di vista dei familiari delle vittime del terrorismo. Il vuoto è quello storico-cinematografico, che a parte gli episodici Guido Rossa che sfidò le Brigate rosse di Giuseppe Ferrara e, tangenzialmente, La seconda volta di Mimmo Calopresti, non aveva ancora saputo dare voce alle vittime degli anni di piombo. Ci pensa ora questa docu-fiction realizzata su iniziativa dell’Aiviter (Associazione italiana vittime del terrorismo), prodotta da Rai Cinema in collaborazione con Rai Teche e la Offside Film, e fortemente voluta dal ministro dei Beni culturali Sandro Bondi che l’ha finanziata con 300mila euro dopo le polemiche nate sull’onda della presentazione nell’estate del 2008 di un altro documentario, Il sol dell’avvenire di Gianfranco Pannone sulla nascita delle Brigate Rosse, definito a suo tempo addirittura «offensivo nei confronti delle vittime». Come se non bastasse c’è stato poi anche il caso del discusso La prima linea di Renato De Maria.
La presentazione ora di Vittime, che verrà proiettato domani al Piccolo Teatro di Milano in occasione della riapertura della sede storica di Via Rovello e a conclusione di una giornata interamente dedicata alla commemorazione della strage di Piazza Fontana, sembra proprio fare da contraltare ai due precedenti filmici. «In realtà – spiega Gaetano Blandini direttore uscente della Direzione generale per il cinema (è stato nominato direttore della Siae) – non si tratta d’una risposta polemica. Il documentario è nato nel corso di un’audizione straordinaria della commissione ministeriale che valutava il progetto di La prima linea quando le maggiori associazioni delle vittime del terrorismo chiesero in quella sede perché non venisse realizzato un film dal punto di vista delle vittime.
Il produttore Occhipinti e lo sceneggiatore Petraglia risposero che avrebbero portato volentieri sul grande schermo il libro di Mario Calabresi Spingendo la notte più in là (comunque intervistato in Vittime), ma l’autore non aveva intenzione di cederne i diritti. Proposi allora a queste associazioni di farsi promotrici di progetti che avremmo preso in considerazione e proprio l’Aiviter, con il suo ricco archivio, si è fatta avanti».
Quasi naturale poi la scelta di affidare il documentario alla brava Giovanna Gagliardo che nel suo lavoro precedente, Bellissime, aveva già intervistato Gemma Calabresi, la vedova del commissario ucciso a Milano: «Un incontro – spiega la regista – che mi ha fatto riflettere su quanto poco ci siamo interrogati in passato sulle esistenze delle vittime del terrorismo e sui destini dei loro familiari. C’è stata una rimozione, ma quelle vicende, apparentemente personali, riguardano tutti noi, perché perdere un genitore o un proprio caro a causa del terrorismo è un fatto pubblico».
Vittime ripercorre a ritroso la recente storia italiana dalla parte delle vittime (12.770 gli episodi di violenza terroristica con 5390 feriti e 342 morti), dal 2003 quando venne ucciso dalle nuove Brigate rosse l’agente di polizia ferroviaria Petri al dicembre 1969 con la strage della Banca dell’ Agricoltura di Milano.
Unico neo di tutta l’operazione è la diffusione limitata dell’opera che non si vedrà al cinema, né in dvd (ci sono immagini che non hanno i diritti di commercializzazione) ma sarà unicamente mostrata agli studenti delle scuole e delle università. In attesa d’un auspicato quanto ancora ipotetico passaggio su una rete Rai.

– da http://www.voceditalia.it/

Prossime uscite
Vittime, l’altra faccia del terrorismo

Presentato il documentario di Giovanna Gagliardo sugli anni di piombo, da piazza Fontana a Marco Biagi

Milano – Direttamente dagli anni piombo (straschi inclusi) ecco a voi il punto di vista di quelle persone a cui gli attentati hanno cambiato la vita. Per lotta armata, cinematograficamente parlando, siamo abituati a pensare ad come atti di pentimento di ragazzi che credevano di cambiare il mondo, ma finito il sogno si sono ritrovati solo un numero di anni di galera da dover scontare.

Se il maestro Gaber diceva che la sua ‘generazione ha perso’ il documentario di Giovanna Gagliardo “Vittime” ne è una prova ulteriore: i brigatisti militanti sono realmente arrivati dritti alla pazzia in un punto non definito del primo lustro degli anni 70; la carellata di visi e di testimonianze di mogli, figli o affini, sapientemente montati con immagini di archivio rai, rende il punto di vista delle vittime molto più chiaro, fosse solo da un punto di vista divulgativo e questo risulta essere il maggior pregio di tutta l’opera.

Questa docu-fiction è stata realizzata su iniziativa dell’Aiviter (Associazione italiana vittime del terrorismo), prodotta da Rai Cinema in collaborazione con Rai Teche e la Offside Film, e fortemente voluta anche dal ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, che l’ha finanziata con 300mila euro dopo le polemiche nate sull’onda della presentazione nell’estate del 2008 di un altro documentariosulla nascita delle Brigate Rosse, “Il sol dell’avvenire” di Gianfranco Pannone, definito a suo tempo addirittura “offensivo nei confronti delle vittime”. Come se non bastasse c’è stato poi anche il caso del discusso La prima linea di Renato De Maria.

L’esigenza di dare una voce a chi non pare averla, quasi, mai avuta è cresciuta ed è ovviamnete corretto pensare che il solo basarsi su fatti di cronaca realmente accaduti, andando poi a sincerarsi di quale sia il risultato di un invasione brusca da parte delle organizzazioni terroristiche nelle vite di cittadini comuni, sia la conseguenza ovvia di una monopolizzazione a tratti romanzata che in questi anni ci è arrivata dalla penna di sceneggiatori o scrittori che tendevano a dare esclusivamente una versione dell’accaduto, essendo a tratti eccessivamente buonisti, quasi un po’ nostalgici.

“In realtà – ha spiegato Gaetano Blandini direttore uscente della Direzione generale per il cinema (è stato nominato direttore della Siae) – non si tratta d’una risposta polemica. Il documentario è nato nel corso di un’audizione straordinaria della commissione ministeriale che valutava il progetto di La prima linea quando le maggiori associazioni delle vittime del terrorismo chiesero in quella sede perché non venisse realizzato un film dal punto di vista delle vittime. Il produttore Occhipinti e lo sceneggiatore Petraglia risposero che avrebbero portato volentieri sul grande schermo il libro di Mario Calabresi “Spingendo la notte più in là” (comunque intervistato in Vittime), ma l’autore non aveva intenzione di cederne i diritti. Proposi allora a queste associazioni di farsi promotrici di progetti che avremmo preso in considerazione e proprio l’Aiviter, con il suo ricco archivio, si è fatta avanti”.

Giovanna Gagliardo, visti i suoi precedenti lavori sembrava essere la persona nmigliore a cui affidare la regia. La Gagliardo aveva già intervistato Gemma Calabresi, la vedova del commissario ucciso a Milano: “Un incontro – ha spiegato la regista – che mi ha fatto riflettere su quanto poco ci siamo interrogati in passato sulle esistenze delle vittime del terrorismo e sui destini dei loro familiari. C’è stata una rimozione, ma quelle vicende, apparentemente personali, riguardano tutti noi, perché perdere un genitore o un proprio caro a causa del terrorismo è un fatto pubblico”.

Nonstante come la si possa pensare una storia che conta 12.770 episodi di violenza terroristica con 5390 feriti e 342 morti vale la pensa di essere acoltata da più campane.

Paolo Quaglia

da Il Fatto Quotidiano del 10-12-2009
Vittime dimenticate

di Malcom Pagani

Piazza Fontana 40 anni dopo: In un documentario di Giovanna Gagliardo le storie cancellate dei bersagli innocenti

C’erano progetti e viaggi da affrontare, famiglie da riunire, figli da crescere e fotografie da conservare, nelle vite interrotte dalla violenza e dalla follia. Giovanna Gagliardo, documentarista, ha sessantasei anni. E’ nata nelle terre di Fenoglio, ha trasportato una partigianeria non partigiana alla ricerca delle ragioni che all’improvviso, spinsero volti e pensieri normali nell’angolo stretto dell’anormalità.
“Vittime ” è qualcosa di più di un film, un salto nell’abisso degli anni ’70. Un’immersione nel dolore sordo e silenzioso degli innocenti che sentirono fischiare sulla loro pelle il vento di una rivoluzione al contrario. Giovanna si è rimessa a pensare alla strage di Piazza Fontana, piombata al termine di un autunno caldissimo. E ha messo in fila nomi, ritagli di giornale, memoria condivisa e divisione mai rimarginata. Piazza Fontana, Peteano, Piazza della Loggia, Italicus, rapido 904, Bologna.
Undici anni di terrore, boati, servizi deviati, infiltrati, tassisti loquaci, anarchici malori attivi. Dodicimilasettecentosettanta episodi di violenza terroristica dal ’69 all’85, oltre cinquemila feriti, 342 morti. Le immagini della Banca Nazionale dell’Agricoltura, il cratere al centro dell’edificio, il sangue, le schegge di vetro, le domande inevase, frammenti di un passato che ci insegue nonostante da quel pomeriggio prenatalizio, siano passati 40 anni. Il 12 dicembre del 1969, Giovanna Gagliardo spettava a Roma. Appuntamento amoroso: “Con l’uomo che sarebbe diventato mio marito”. Una cena trasformata nel rito collettivo di una nazione. Tutti davanti alla tv, per un bianco e nero gonfio di tetri simbolismi, false notizie, mostri sbattuti in prima pagina, processi sommari. “L’eco di Milano mi colse nel tardo
pomeriggio. Rimasi attonita per un tempo lunghissimo. Poi aprii la porta e alla persona che attendevo, spiegai in un’altra lingua a paura individuale. Ancora non sapevo sarebbe diventata la malattia senza quartiere, quella di una parte consistente dell’Italia di allora”.
L’ altra, è pacifico, intenta a sopravvivere, guardava il fiume indifferente al quotidiano bollettino di morte. Quattro decenni più tardi, quando ormai le sigle del terrore hanno scavato nella memoria goccia dopo goccia, Gagliardo ha radunato i superstiti ed eredi, incollato le ragioni di tutte le esistenze spezzate in coincidenza con timer che squassarono membra, edifici e coscienze. Dopo le impudìche autocelebrazioni di decine di terroristi, le presentazioni letterarie trasversali (rossi e neri, abbracciati), i comitati d’opinione unidirezionali, la regista sposta il punto di vista. Dallo sterminato archivio Aiviter, la banca dati delle vittime del terrorismo, Gagliardo ha estrapolato le voci meno conosciute, le lamentazioni senza ugola di tutti quelli costretti a tenere tra le mura di casa interrogativi, dietrologie e proteste. A iniziare dagli agenti della
polizia carceraria, nebbia senza valore nell’invisibile, topi da eliminare nelle segrete in cui i brigatisti arringavano dalle gabbie e rifiutavano il processo dei tribunali “borghesi”. In “Vittime”, “Un film volutamente di parte, senza contraddittorio perchè crediamo che di fornire platea e risonanza ai non ascoltati, ci fosse estremo bisogno”, come dice Mario Gianani, coraggioso produttore di Vincere di Marco Bellocchio e di Private di Saverio Costanzo. All’epoca dei fatti narrati, Gianani era solo un bambino, “ma non mi etichettate come giovane,
solo in Italia, un signore di quarant’anni è considerato tale”. Nel tono del compagno della Gagliardo nell’avventura sostenuta anche dal Ministero dei Beni culturali e da Rai Cinema (soldi, ma anche l’essenziale contributo dello sterminato archivio), brillano lampi di orgoglio. Racconti in presa diretta come quello dell’anziana madre di Salvatore Lanza, guardia carceraria uccisa a Torino nel 1978, a 21 anni. “Non si ricordano mai gli agenti di polizia carceraria vittime del terrorismo, ma sono stati tantissimi”, argomenta con voce roca e pensieri fermi Gagliardo. “Dove c’erano i grandi processi ed erano rinchiusi i brigatisti, le guardie erano sotto tiro. Figli del sud, al centro del cuore operaio. Cos’altro potevano fare calabresi, pugliesi, siciliani, se non entrare in fabbrica o indossare la divisa?”
La domanda è retorica. “In molti scelsero questa seconda opzione e estinsero il debito in prima persona”. Il ‘Pagherete caro caro tutto’ come pedaggio obbligato. Lo scempio di corpi sepolti da verbosi comunicati di rivendicazioni, la pietà assente, per “i luridi servi del sistema”. “Furono lasciati soli contro un nemico infinitamente più astioso di quanto loro
stessi potessero immaginare. I riformisti, sempre loro in prima linea. Galli, Alessandrini, Tobagi, Casalegno. Magistrati, giornalisti, sindacalisti. Cercavano il dialogo e il compromesso. Gente che rinnegava l’estremismo e nel solco della tradizione socialista, cercava alle dinamiche del mondo del lavoro e nei protagonisti dello scontro in atto, un punto di contatto che per alcuni suonava inconcepibile”. “Volevamo che le testimonianze componessero un insieme che avesse il respiro di una storia universale, che sapesse legare ricordo a emozione, intimo a sfera pubblica”.
“Vittime” ci riesce senza effetti speciali. I suoni di Francesco De Gregori, i versi di una delle sue canzoni più belle “Tutto più chiaro che qui”, le parole stese al sole di un apologo senza boria che perpetua le sue rifrazioni impedendo al paese intero una crescita armoniosa. “Come sempre, e in questo gli americani sono maestri, le storie private danno il senso compiuto di un percorso generale che ha stordito l’Italia. Le strade accidentateche ho attraversato, scandagliando dolore e spazi sentimentali custoditi con amore, non senza provare empatìa con i miei intervistati, si somigliano tutte.Per anni, l’attenzione è stata fagocitata dai terroristi, dalla loro sfida cieca, dalle biografie dei guerriglieri capaci di oscurare completamente la lettura personale delle vittime e dei loro familiari”. Angolo visuale che ha trascinato Gagliardo a fari accesi nel suo lavoro.
“interessante, terribilmente interessante. La rimozione assoluta di quell’ angolo inesplorato, è un peccato di cui non riesco a fornirmi valide giustificazioni. Ce ne siamo dimenticati tutti, di questo piccolo popolo che soffriva disprezzato, tra una corona di fiori e un invito a tacere”.
Per Gagliardo, la questione è ancestrale. “Risale ad Antigone e fa parte integrante dei doveri di una comunità. Prima ancora di arrovellarsi sui perchè di un delitto, una Nazione degna di questo nome, deve pensare a seppellire i morti, a dar loro e agli esseri umani cui sono stati sottratti senza un saluto, la giusta consolazione e il doveroso conforto”. Niente è stato fatto e chi ha macchiato il quadro, oggi si occupa di altro. “Delfo Zorzi vive sereno in Giappone, Franco Freda scrive libri, Giovanni Ventura fa il ristoratore in Sud America, Tutti con una doppia vita, capaci di ricreare un universo che alle vittime è stato negato”. Così che Bondi abbia sostenuto il film con convinzione e qualcuno ne abbia voluto fare strumentalmente, il contraltare a Prima Linea di De Maria, a Gagliardo interessa relativamente.
“Nessun imbarazzo per il sostegno del Ministero. Mi hanno chiesto di partecipare a un progetto che approvavo e ho messo a disposizione impegno e buon senso”. Mentre scorrono le immagini degli uomini caduti per terra e degli omologhi indisposti a guardare, fermarsi, comprendere, dei funerali blindati e dei morti di serie B, come il missino Giralucci, ci si sente piccoli. Vittime. Per un momento che nelle esistenze degli altri, è diventato eterno.

da http://www.fuorilemura.com 21 dicembre 2009

Vittime, filmati per una ricorrenza storica

di Sonia Cincinelli

L’uscita di Vittime (2009), l’ultimo documentario di Giovanna Gagliardo, cade in occasione del quarantennale dalla strage di Piazza Fontana a Milano. Il film realizzato su iniziativa dell’AIVITER (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo), cerca di ricostruire gli “Anni di Piombo” con le testimonianze di chi del terrorismo è stato vittima. Il documentario si pone l’obbiettivo di ricostruire, attraverso il racconto dei familiari delle vittime del terrorismo, la storia di quegli anni bui, ma ci riesce solo in parte in quanto gli eventi non sono in ordine cronologico e il focus è troppo sulle emozioni dei familiari che, per quanto importanti, rendono il contenuto ripetitivo ed evasivo.

La regista Giovanna Gagliardo dichiara a proposito della sua opera: “ In novanta minuti era impossibile riuscire a raggiungere tutti i soggetti meritevoli di attenzione. Per questo ho cercato di privilegiare le città più colpite dal terrorismo: Milano, Genova e Torino. Cercando di mettere in evidenza i casi meno noti: le forze di polizia, le guardie carcerarie, i carabinieri. Naturalmente ho cercato di trovare la storia o le storie che potessero rappresentare anche quelle che mancano. E’ stato un lungo viaggio nel tempo per restituire alla memoria collettiva il punto di vista di tutte quelle vittime che hanno dovuto portare sulle spalle il peso delle scelte violente fatte dagli altri”. Le testimonianze che si susseguono sono di Alma Petri, Marina Orlandi Biagi, Bernadette Costa Cuocolo, Vanna Marangoni, Piero Costa, Mario Tuttobene, Manlio Milani, Giovanni Berardi, Franca Saviano Cutugno, Caterina Lanza, Alberto e Giorgio Ghiglieno e Vittorio Flick. Ed ancora: Rosalia Serravalli, Alessandra Galli, Antonio Iosa, Giorgio Bazzega, Andrea Briano, Benedetta Tobagi, Silvia Giralucci, Vittorio Occorsio, Mario Calabresi e Roberto Prina.
Il documentario non verrà distribuito ma proiettato nelle scuole. E soprattutto per questo che lo scheletro di quest’opera avrebbe dovuto avere un excursus storico portante alquanto significativo. Nel tentativo di mettere tutto nello stesso calderone, come la destra e la sinistra politica.
La presentazione del film, avvenuta il 10 dicembre 2009 a Roma ha acceso polemiche durante la conferenza stampa, in quanto sospettata di essere una pellicola di risposta al film La prima linea (2009) di Renato De Maria, che vede gli “Anni di Piombo” attraverso gli occhi dei terroristi. C’è chi in questo film di finzione ha visto un’esaltazione dei carnefici, ma l’intento del regista, come afferma la protagonista Giovanna Mezzogiorno, era semplicemente quello di far conoscere la vita di quei giovani che negli anni Settanta hanno fatto una scelta estrema, rispetto agli altri loro compagni di partito. Quelle scelte che portarono a le conseguenze di una guerra urbana fra civili, e anche per questo molte persone si allontanarono dalla politica determinando la società che abbiamo oggi. Si è detto anche che, rappresentare al cinema il carnefice invece che la vittima renda il tutto più accattivante, ma è anche vero che alla fine del film di De Maria emerge un Sergio Segio che si prende le sue responsabilità. Su Vittime invece si tenta di spoliticizzare e destoricizzare un fatto che ha di politico e storico per antonomasia . In questi casi non si può evadere i fatti perché si rischia che la Storia venga meno all’appuntamento con la coerenza e l’obbiettività.

 

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