Il sacrificio di Taliercio tra memoria e silenzio

Il sacrificio di Taliercio tra memoria e silenzio

  • 5 Luglio 2008

Articolo di Silvia Moscati:

Da il Gazzettino prima pagina edizione Venezia Mestre sabato 5 luglio 2008

Il 5 luglio di ventisette anni fa veniva ucciso dalle Brigate Rosse l’ing. Giuseppe Taliercio , il direttore del Petrolchimico di Porto Marghera che era stato rapito da un commando 46 giorni prima nella sua abitazione di via Milano. Il dirigente venne letteralmente strappato dai brigatisti ai familiari che non l’avrebbero più rivisto. Il corpo venne fatto trovare nella zona industriale, a breve distanza dal Petrolchimico. Di quella tragica vicenda, una delle più brutali della sanguinaria storia del terrorismo rosso, pubblichiamo una riflessione dell’autrice del libro “Ricordi di piombo”.

Il sacrificio di Taliercio tra memoria e silenzio

di Silvia Moscati

Oggi ricorre il ventisettesimo anniversario della morte di Giuseppe Taliercio . Il direttore del Petrolchimico di Porto Marghera era stato sequestrato il 20 maggio 1981 dalle Brigate Rosse. Il suo corpo, ritrovato dopo 46 giorni crivellato da 16 colpi di pistola, sottoposto ad autopsia rivelò che non mangiava da cinque giorni e aveva un dente spezzato alla radice. Durante la lunga prigionia Taliercio era stato torturato perché aveva rifiutato ogni collaborazione con i brigatisti. Era un dirigente molto stimato e rispettato dai lavoratori del Petrolchimico, un uomo di grande fede e testimonianza cristiana. Fu uno dei delitti più atroci e incomprensibili e creò un abisso tra Br e lavoratori e una frattura anche tra gli stessi assassini.

A Mestre, prima di Taliercio , erano stati uccisi dalle Brigate Rosse Sergio Gori e Alfredo Albanese.

Sergio Gori , vice direttore dell’allora Montedison, era stato freddato il 29 gennaio 1980, forse come avvertimento per Taliercio . Il commissario Albanese, che seguiva le indagini, fu ucciso pochi mesi dopo, il 12 maggio dell’80. Con molta enfasi, circa 4 anni fa, il Comune di Venezia ha promosso un lavoro teatrale dal titolo “Rosso cupo”, dove una brigatista racconta a sua figlia di quel sogno infranto, di quel fallimento politico. Il testo non contiene parole di pentimento per il dolore causato alle vittime e ai loro parenti ma solo disappunto per aver fallito in un progetto.

Nella scheda tecnica, ospitata nel sito dell’assessorato alla Cultura del Comune di Venezia si legge: “La Donna parla – con tenace sofferenza a volte, a volte con gelido distacco, con toni da fiaba in alcuni momenti, con insistente dolore in altri – di quella cruda esperienza che molti definiscono di terrorismo e pochi chiamano di lotta armata…”. Da anni viene rappresentato in tutta Italia. Nel 2004 avevo iniziato a scrivere un testo teatrale sulle vittime del terrorismo a Mestre dal titolo “Ricordi di Piombo”. Lo avevo proposto per un progetto culturale finanziato dall’allora Consiglio di quartiere di Carpenedo, ma tra rifiuti e polemiche il mio lavoro è stato ridotto ad un convegno di due ore in occasione del venticinquesimo anniversario della morte di Sergio Gori, dove è stato letto il mio testo e si è parlato, con ospiti illustri, di quei fatti. Nulla di più.

Al regista di “Rosso Cupo” avevo proposto di poter rappresentare insieme i due lavori, come due aspetti di una sola tragedia. La risposta, senza la conoscenza del mio testo ma basandosi solo sul fatto che parlava delle vittime delle Bierre, è stata no!, “Rosso Cupo” aveva già il suo circuito teatrale dove sarebbe stato rappresentato e lì non c’era spazio per le vittime.

In occasione del Giorno della Memoria, lo scorso maggio, il Capo dello Stato ha detto che non si deve dar voce a chi ha scatenato la violenza terroristica, ma a chi l’ha subita. Magari! Oltre che da parte dei media sarebbe opportuna anche una maggiore attenzione da parte degli operatori culturali che promuovono chi non smette di pensare e rappresentare quel tragico periodo come un’eroica lotta armata e di considerare la morte di tanti innocenti come giustizia proletaria.

A distanza di tanti anni mi domando se i brigatisti, colpevoli anche delle torture inflitte a Taliercio e oggi in libertà, considerino il sequestro e l’omicidio di Giuseppe Taliercio un incidente di percorso, un atto di giustizia o un infame delitto?

taliercioGiuseppe Taliercio
Scheda

 

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