Aprile 2005: Lettera aperta di Iosa, nostro dirigente lombardia, ferito 25 anni fa dalle Br
- 1 Luglio 2005
COSTRUIRE UNA MEMORIA CORRETTA
E’ tollerabile che i protagonisti, autori di feroci delitti, si atteggino a maestri di vita, a divi televisivi e della carta stampata, a predicatori di richieste di indulgenze e amnistie per sanare le ferite degli anni Settanta, tanto da essere considerati il fior fiore de “la meglio gioventù”, fatta di scrittori, eroi, benefattori e missionari della nostra società?
di Antonio Iosa
Presidente Circolo Perini
ferito dalle Br il 1 aprile 1980
Sono passati 25 anni da quel lontano 1 aprile 1980 (ma è davvero così lontano?), quando un commando di brigatisti rossi della colonna “Alasia”, in un’azione di rappresaglia per l’uccisione di quattro terroristi in via Fracchia a Genova da parte delle forze dell’ordine, fecero irruzione, armati e incappucciati, in una sezione periferica della Democrazia cristiana in via Mottarone a Milano.
I terroristi, con inaudita ferocia, ferirono quattro inermi e innocenti cittadini, tra i quali il sottoscritto. A seguito di tale attentato, riportai gravi danni agli arti inferiori con conseguente invalidità permanente, a causa delle devastanti conseguenze del piombo brigatista.
Milano e la Lombardia, negli anni bui dello stragismo e del terrorismo, hanno pagato un elevato contributo di sangue con 16 morti per la strage di piazza Fontana, 4 per la strage della Questura di Milano, 8 per la strage di piazza della Loggia a Brescia, 5 per la strage di via Palestro per un totale di 33 morti e oltre 100 feriti. Per quanto riguarda le Brigate rosse, che praticavano una rivoluzione pazza e visionaria, Milano ha avuto 25 morti e 75 feriti.
In un periodo in cui ci si abbandona alla retorica dei “Festival dei giorni della memoria”, spesso occasione di strumentalizzazioni politiche, è lecito chiedere com’è possibile costruire una memoria corretta e una coscienza civile per schierarsi “senza se e senza ma” dalla parte delle vittime e dei loro familiari?
Ed è possibile assistere al revival di continue richieste di pacificazione e di riconciliazione per chiudere definitivamente gli anni di piombo con l’amnistia o con il perdono in cambio della verità?
Ed è tollerabile che i protagonisti, autori di feroci delitti, si atteggino a maestri di vita, a divi televisivi e della carta stampata, a predicatori di richieste di indulgenze e amnistie per sanare le ferite degli Anni Settanta, tanto da essere considerati il fior fiore de “la meglio gioventù”, fatta di scrittori, eroi, benefattori e missionari della nostra società?
Non è giunto il momento che i terroristi si interroghino sul dolore che hanno causato agli altri e sulle quotidiane sofferenze dei familiari delle vittime e dei feriti sopravvissuti, che portano nell’animo e sulle loro carni i segni devastanti delle pallottole sparate?
Siamo forse noi vittime “carogne disumane” se rifiutiamo il perdono a chi neppure l’ha chiesto e la legittimazione politica postuma del terrorismo e se rivendichiamo la certezza della pena e l’espiazione delle condanne inflitte, soprattutto ai latitanti?
I diritti dei terroristi sono forse prioritari rispetto a quelli delle vittime? Questi e altri interrogativi meritano una qualche risposta.