V° GIORNATA EUROPEA DELLE VITTIME DEL TERRORISMO. MADRID

V° GIORNATA EUROPEA DELLE VITTIME DEL TERRORISMO. MADRID

  • 10 Marzo 2009

Intervento a Madrid del Presidente AIVITER presso

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La delegazione di AIVITER a Madrid

E’ con vivo sentimento di fratellanza e profonda gratitudine che la nostra delegazione è giunta a Madrid in occasione dell’anniversario delle stragi di Atocha del 2004 per celebrare le V Giornata Europea delle Vittime del terrorismo.
Al pari della nostra, credo che le altre associazioni d’Europa possano convenire sul fatto che tutti vorremmo non avere mai dovuto costituire le nostre associazioni, ma è necessario ogni tanto domandarsi cosa ne sarebbe della memoria collettiva degli eventi e delle vittime che appartengono a tutta la comunità senza l’opera di custodia che costituisce uno dei fondamentali scopi sociali.

In Italia, in particolare, per decenni la nostra opera per la difesa dei diritti dei caduti e dei loro famigliari è sembrata quasi come il fastidioso cascame di un tempo che si voleva non solo chiudere, ma rimuovere dalla coscienza collettiva. Solo in anni recentissimi, a trent’anni dai fatti, la memoria dei caduti è stata rivendicata come una virtù civica e il loro sacrificio ascritto nell’ideale patrimonio collettivo. Questo grazie al riconoscimento del nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e in virtù della legge approvata e promulgata nel 2007. Con questa legge, per la quale ci siamo battuti per anni, che porta tra i suoi primi firmatari in Parlamento l’on.le Sabina Rossa, presente con noi stasera, lo Stato Italiano ha istituito il “Giorno della Memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi”fissandolo il 9 maggio, anniversario dell’omicidio di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana e più volte Primo Ministro, rapito e poi ucciso dalle Brigate rosse nel 1978.
A proposito di Aldo Moro è stato di recente osservato che egli, “non può più dire la sua, poiché non è sopravvissuto al baratro in cui è stato gettato e ha così perduto per sempre il diritto alla parola. Perciò i suoi carcerieri di ieri possono continuare a tenerlo prigioniero oggi attraverso un uso strumentale della memoria. Un uso necessariamente funzionale ai bisogni attuali (giudiziari, politici, morali, psicologici, religiosi) di uomini liberi o in cerca di libertà, ma non alla ricostruzione storica di quanto avvenne, di un passato sul quale continuano a esercitare una monopolistica e paradossale dittatura della testimonianza”.

Se il rischio di tale dittatura della testimonianza, come penso, non vale solo per l’Italia, allora oggi dobbiamo essere tutti orgogliosi per aver svolto e continuare a svolgere una rilevante azione di tutela delle famiglie dei tanti sacrificati, civili e militari, alla lotta contro il terrorismo, perché questo ha significato infrangere tale monopolio della memoria, impedire che la voce muta delle vittime fosse annichilita dal coro loquace dei terroristi, anche quando diventati ex terroristi.

Permettetemi di tornare brevemente sul sentimento di fratellanza che ci accomuna qui e di provare a dimostrare che questo non ha nulla di retorico.
Quando il Parlamento Europeo introdusse la Giornata Europea del Vittime del Terrorismo, pochi mesi dopo i tragici fatti che ebbero luogo in questa città, quando nel 2005 ci fu la prima edizione di questo anniversario e quando ancora non esisteva la Rete Europea delle Vittime del terrorismo, nata grazie ai programmi della Commissione Europea, la nostra Associazione decise di utilizzare la data dell’11 marzo per iniziare a confrontarsi anche con le realtà al di fuori dai confini nazionali. Iniziò da allora ad organizzare ogni anno pubblici convegni con invitati provenienti dalla Spagna: prima Vicenç Villatoro già direttore della radio-televisione pubblica catalana e del quotidiano “Avui”, poi Angeles Pedraza, madre di Miryam deceduta nell’attentato dei treni di Madrid e oggi dirigente dell’Asociación de Ayuda a las Víctimas del 11- M.

Angeles ci ricordò con parole semplici e terribili i suoi sentimenti: “Il giorno 11 marzo cominciò come qualsiasi altro e nessuno avrebbe immaginato che quello stesso giorno avrebbe cambiato in modo radicale la mia esistenza : diventavo orfana di una figlia!
Come e’ possibile che accadesse tutto questo?
Quello sarebbe stato il peggiore giorno della mia vita e niente sarebbe piu’ stato uguale, né per me, né per la mia famiglia.
Quando i media comunicano i dati delle vittime e dei feriti non tengono in considerazione che, se si potessero contare numericamente, sarebbero molti di più perché noi familiari continuiamo ad esistere! Superato il primo shock, comincia il dolore, un immenso dolore dell’anima che non ti lascia respirare.
E’ come se ti stessero torturando e, quando credi di essere morto, ti rianimano.”

Vicenç concluse invece il suo intervento con una esortazione contenente un importantissimo concetto e che oggi ritengo di riproporre facendola mia: “Che le vittime dei terrorismi da noi ritenuti ideologicamente più vicini o comprensibili non possano sembrarci meno vittime di coloro che sono morti o sono stati colpiti da terrorismi votati a cause che ci appaiono più lontane od odiose. L’ideologia dei terroristi non è una variabile per giudicare né la moralità del terrorismo – sempre nulla – né il dolore delle vittime”.

Grazie a Maria Lozano e alla sua organizzazione per l’ospitalità, grazie alle autorità e alle delegazioni europee della cortese attenzione.

Dante Notaristefano
Presidente AIVITER

 

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